Fideiussore sovraindebitato

Chi è il fideiussore sovraindebitato? Il fideiussore è «colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui» secondo l’art. 1936 del c.c., ovvero un soggetto terzo che risponde dell’obbligazione con il proprio patrimonio quando il debitore principale è inadempiente, un soggetto che ritroviamo spesso tra i sovraindebitati.

In casi numerosi il sovraindebitamento di una persona fisica discende da passività derivanti da fideiussioni rilasciate in favore di società commerciali, in genere Srl. Questo perché gli istituti di credito, a fronte dell’erogazione di finanziamenti o mutui alla società, richiedono ai soci delle garanzie personali (in primis la fideiussione) e il fideiussore di frequente è il marito, la moglie, il genitore o un parente del socio. In ogni caso, il più delle volte, è persona assolutamente inconsapevole del rischio correlato a quella firma di garanzia.

Le somme garantite sono solitamente molto elevate e non adeguate alle capacità finanziarie del fideiussore. Può succedere così che, se la società si trova in difficoltà e non è più in grado di far fronte al proprio debito, il fideiussore viene aggredito dalla banche creditrici che pretendono il rientro delle somme oggetto di garanzia e precipita in uno stato di sovraindebitamento se inadempiente.

Qual è la sorte del fideiussore sovraindebitato?

Il legislatore non ha colto l’occasione, neppure con la recente riforma della crisi d’impresa, per annoverare in modo puntuale tra i soggetti legittimati alle procedure di sovraindebitamento anche il fideiussore. In particolare non ha chiarito se il fideiussore sovraindebitato sia soggetto impresa o si qualifichi come “consumatore” –  descritto dall’art. 2, co. 1, lett. e del CCII come «la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali». Diverse sono le risultanze dell’una o l’altra delle due prospettive. La qualifica di consumatore rileva, infatti, al fine dell’accesso ai benefici della legge (piano di ristrutturazione dei debiti ed esdebitazione).

Nel silenzio normativo della precedente disciplina (legge 3/2012 sul sovraindebitamento) pareva valevole l’approdo giurisprudenziale secondo il quale è consumatore con accesso al piano il debitore/fideiussore sovraindebitato che ha assunto obbligazioni per scopi estranei alla propria attività, ovvero che non sia mai stato né imprenditore né professionista, ovvero che lo sia stato o lo sia tuttora purché i debiti che lo costringono a chiedere l’accesso al procedimento per il sovraindebitamento non attengano alla sua attività.

Con riguardo, la nozione estensiva di consumatore è stata fatta propria dalla nota sentenza della Cassazione 1869/2016. Questa la massima ufficiale: «La nozione di consumatore abilitato al piano, quale modalità di ristrutturazione del passivo e per l’esercizio delle altre prerogative previste dalla L. 3 del 2012, pur non escludendo il professionista o l’imprenditore – attività non incompatibili purché non residuino o, comunque, non siano più attuali obbligazioni sorte da esse e confluite nell’insolvenza – comprende solo il debitore, persona fisica, che abbia contratto obbligazioni, non soddisfatte al momento della proposta di piano, per far fronte ad esigenze personali, familiari ovvero attinenti agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale e, dunque, anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un’attività d’impresa o professionale propria . . . ».

Conseguentemente il debitore/fideiussore sovraindebitato che annoveri tra i debiti attuali anche debiti derivanti dall’attività d’impresa o professionale può procedere solo con una proposta di accordo soggetta all’approvazione dei creditori.

Ricordiamo che la legge 3/2012 sul sovraindebitamento prevedeva accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano proposto dal debitore nel caso in cui gli stessi siano di derivazione imprenditoriale o professionale (nei limiti della non fallibilità) – in tal caso è necessario che la proposta sia approvata dal 60% dei creditori; e il piano del consumatore, senza necessità di accordo con i creditori.

Cosa cambia con la riforma?

Con l’introduzione del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII), a seconda dei filoni interpretativi, il debitore/fideiussore sovraindebitato che sia stato imprenditore o professionista e che abbia ancora debiti scaturenti da tali attività viene confinato in «un’area di frontiera tra le due procedure di sovraindebitamento previste dal nuovo Codice (concordato minore e ristrutturazione dei debiti), con il rischio di vedersi escluso da entrambe». (Gianfranco Benvenuto, “La nozione di consumatore al test delle procedure di composizione delle crisi”, in Il Fallimentarista, 20/12/2022).

Non solo, infatti, potrebbe non qualificarsi come consumatore, ma potrebbe anche essergli impedita l’opzione di proposta di accordo. A questo proposito, l’art. 74 del CCII regola l’ipotesi del piccolo imprenditore o il professionista che abbia cessato la propria attività con l’istituto del “concordato liquidatorio”, ma in questo caso si prevede possa essere proposto il concordato solo con un apporto di finanze esterne che aumentino la soddisfazione dei creditori in maniera apprezzabile. Tale condizione costituisce un ostacolo insormontabile, in quanto le risorse esterne, che necessariamente devono collocarsi al di fuori del perimetro patrimoniale del debitore/fideiussore sovraindebitato, restano anche al di fuori della sua stessa portata.

Con la riforma rimangono non pochi dubbi e problemi applicativi.

È evidente come la normativa che riguarda la crisi da sovraindebitamento non si addica a un’interpretazione di facile lettura. Il supporto sinergico di professionisti esperti in prevenzione, gestione e risoluzione delle crisi aziendali e di sovraindebitamento è fondamentale per il buon esito della pratica e per ottenere la migliore tutela possibile sia in termini personali che patrimoniali.

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